Giovanna Breccia psicoterapeuta e scrittrice vive e lavora a Roma. All’età di ventidue anni si è laureata in Lettere classiche, successivamente in Filosofia e poi in Psicologia. Si è specializzata nelle più importanti correnti della psicoterapia contemporanea. Tanto che nel 1991 ha fondato l’Istituto Andreia volto ad attività clinica, formazione e ricerca e ha promosso un nuovo indirizzo nella psicoterapia contemporanea denominato “Psicoterapia analitica integrale”. Dal 1994 al 2019 è stata docente presso la scuola di specializzazione in psicoterapia cognitivo-comportamentale “Istituto Skinner” di Roma.
Oltre a raccolte di poesie, saggi giovanili editi sulla rivista “Contributi di storia della filosofia” (Edizioni dell’Ateneo), ha all’attivo le seguenti pubblicazioni: la prima edizione di “Frammenti inquieti dell’Io” (Borla 1992), la seconda edizione della stessa opera (Città del sole 2015); la raccolta di racconti “Un uomo normale-Variazioni su tema” (Teseo 2003), il romanzo “Il destino” (Italia Semplice 2017), “Angeli caduti” (Italia Semplice 2018), “La vita” (Italia Semplice 2019), “Il tempo” (Italia semplice 2020), “Il male” (Italia semplice 2021), “La seduzione della libertà (Booksprint edizioni 2022), “Perdite ambigue” (Booksprint edizioni 2023). Ha inoltre collaborato con Luca Canali al libro “Ognuno soffre la sua ombra” (Bompiani 2003).
Giovanna presenterà in questa breve intervista la sua nuova opera letteraria, il romanzo “L’abisso della vanità” edito da Tempra Edizioni.
Giovanna benvenuta nel salotto virtuale di Tempra Edizioni.
GIOVANNA: Un cordiale saluto e un sentito ringraziamento a Marianna Iannarone che ha curato la pubblicazione di questa mia opera.
1) Alla luce della tua consolidata carriera artistica, possiamo dire che la tua produzione si caratterizza per la tua capacità di riportare il tuo sapere e l’esperienza clinica nell’ambito letterario?
Ho incominciato a scrivere sin da giovanissima, quando non avevo la minima idea che un giorno avrei dedicato la mia vita alla professione di psicoanalista. L’amore per la letteratura e l’arte in genere, e in seguito gli studi filosofici, mi hanno spinto ad addentrarmi nei misteri dell’anima, esplorati e descritti potentemente da poeti, letterati e filosofi. Leggevo e studiavo affascinata dalla loro capacità di avventurarsi con tanta verità nelle profondità della psiche, tanto complessa e piena di contraddizioni. Già allora, senza rendermene conto, era ciò che più mi attraeva. Andando avanti ho compreso che tutto ciò che avevo fino allora studiato mi sarebbe stato essenziale per diventare una terapeuta dell’anima. Lo sono diventata ed esercito la mia professione unendo strettamente la mia vocazione artistica innata al sapere clinico acquisito. Pertanto, nei miei libri tutti, letteratura e conoscenza psicologica della psiche si intrecciano costantemente dando luogo a romanzi in cui le storie narrate, seppur frutto di invenzione, dicono verità sull’essere umano. Anche in quest’ultimo romanzo le riflessioni sul piano psicologico e filosofico abbondano e servono a far comprendere al lettore la personalità dei personaggi, nei loro monologhi interiori e nel loro agire.
2) Quali scrittori e pensatori hanno influenzato il tuo percorso creativo?
Non saprei come rispondere. Ogni pagina letta, studiata, ogni parola detta e ascoltata hanno il potere di rimanere, se non nella memoria cosciente, in quella occulta. Tutto ha avuto influenza sul mio modo di scrivere, dai classici greci e latini agli scrittori, ai pensatori, a noi più vicini. Ho imparato da tutti qualcosa, molto, un modo di dire, un particolare stile e credo che ogni scrittore in qualche modo porti in sé tutto il patrimonio acquisito, anche se lo restituirà in modo assolutamente personale dacché ogni essere umano è unico. Poi, certamente, ho le mie preferenze: gli scrittori russi mi colpiscono, mi scuotono, per il realismo psicologico che li caratterizza, ma anche Thomas Mann per la precisione quasi ossessiva con cui descrive i suoi personaggi e le intense riflessioni filosofiche presenti nelle sue opere. Ma l’elenco è lungo e spazia dalla nostra grande letteratura a quella americana, inglese, e di altri paesi. E poi i poeti, quelli veri, di ogni epoca e di ogni paese. In fondo si fa poesia anche quando si scrive un romanzo, altrimenti dove ne è il valore artistico? Non scrivo che raramente saggi, ne ho scritti molti in passato, ma il romanzo permette di esprimere concetti in forma d’arte e, sebbene anche questo mio ultimo libro sia stracolmo di riflessioni filosofiche e psicologiche, quel che conta per me è che sia considerato nel suo valore letterario.
3) Come è nata l’idea di scrivere “L’abisso della vanità”?
È venuta così, come sempre vengono le idee. Certamente a qualche livello avevo desiderio di presentare un aspetto crudo della realtà che viviamo. Ce ne sono molti, ma per il momento mi sono concentrata sulla potenza di attrazione che l’orgoglio, la presunzione, l’egoismo, il desiderio di potere al di là di ogni morale, esercitano sull’essere umano. Questo accade da sempre, ma oggi sembra ancor più evidente, oggi che sono caduti i valori morali e il male sembra annichilire il senso dell’esistenza umana, perduto nella vanità dei beni materiali.
4) Perché questo titolo?
La vanità, la superbia, il sorpassamento del limite, non possono che far precipitare l’uomo in un abisso al quale è terribilmente difficile sottrarsi. Una volta che si è presi nelle spire del male, la ragione addirittura giustifica l’atto. Subentrano meccanismi di difesa quali la negazione, la razionalizzazione o la rimozione. L’uomo si abitua al suo modo di vivere, si ostina nelle sue consuetudini e convinzioni che lo rendono schiavo annullando il libero arbitrio che per natura possiede e che dovrebbe comunque saper esercitare alla luce della ragione. Ma la ragione, offuscata, trova purtroppo sempre ottime ragioni per continuare nel percorso intrapreso
5) Nel romanzo presenti numerosi temi che in qualche modo si legano e spiegano quella vanità di potere a cui sostanzialmente fai riferimento. Sottolinei un malessere sociale, che si rifà a quello individuale che trova le sue cause nell’abbandono, in una relazione di coppia disfunzionale con scarso dialogo, nella lotta alla sopravvivenza, alla rivincita personale in una continua contrapposizione tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e ciò che invece si ha voglia di fare. Non è così?
Sì, è così. L’essere umano è per natura perfetto e destinato al bene, ma è fragile e cade nel male per molti motivi, il condizionamento familiare e quello sociale. Il male, se non contrastato da una buona educazione familiare, in primis, e soprattutto dall’educazione sentimentale all’amore, può travolgere il bambino, incapace ancora di ragionamenti logici e di una comprensione adeguata della realtà. Il bambino è plasmabile come cera, è sospinto da istinti primordiali di sopravvivenza. Senza un'adeguata guida crescerà spinto da pulsioni di prevaricazione. Difficilmente, anche se è sempre possibile, potrà avere un'inversione di rotta.
6) Nel libro ometti i nomi dei protagonisti. Come mai questa scelta?
È mia consuetudine non dare nomi propri ai personaggi dei miei libri. Sono persone come tante altre, come tutti quelli che si trovano a vivere nella condizione in cui i miei personaggi vivono. È un modo per dare un messaggio che possa raggiungere tutti. Dare un nome e un cognome individua la persona e il mio intento è quello di rendere i miei personaggi tipi archetipici, sebbene ben descritti fisicamente e psicologicamente e collocati in uno spazio-tempo determinato.
7) La storia è ambientata principalmente in un cimitero, ci puoi spiegare perché?
Non so perché mi è venuta questa idea. Forse dovrei farmi psicanalizzare da un collega! In realtà mi è venuta in mente perché un personaggio come quello descritto è talmente fuori dalle righe, volutamente controcorrente, privo di pregiudizi, che gli viene in mente di andare proprio in un posto come quello, probabilmente il più congeniale al suo lato oscuro.
8) L’illustrazione in copertina “Il grande gorgo” è tratta da un dipinto del celebre artista Pier Augusto Breccia, tuo fratello. Perché questo dipinto rappresenta a tuo dire il tuo romanzo?
Ho scelto questo quadro che si intitola “Il grande gorgo” perché è perfettamente in linea con l’abisso della vanità che risucchia chi ne è posseduto, e non se ne esce più fuori.
9) Hai già qualche idea su dove e quando incontrare i tuoi lettori?
Appena il romanzo sarà pubblicato ne farò diverse presentazioni. Ho già in mente diversi luoghi, a Roma e anche fuori.
10) Qualcosa da aggiungere?
Non ho che aggiungere ancora un ringraziamento per l’intervista e per la cura che la casa editrice Tempra ha avuto per il mio libro. Ovviamente mi auguro che il messaggio che voglio dare con il romanzo, di non lasciarsi trascinare dal potere distruttivo della vanità e del potere, raggiunga quante più persone possibile.
Ringrazio Giovanna per l’intervista.
Marianna Iannarone
