Stefano Ricchiuti autore esordiente e sportivo nasce a Torino nel 1977. Tra le sue opere di manualistica ricordiamo "La tecnica del golf moderno" (Carabà Edizioni, 2017), "I 50 migliori esercizi per un grande golf" (Calzetti&Mariucci Editori, 2017) e "Voglio essere libero!" (Alpes Italia, 2017); mentre di narrativa citiamo la raccolta di racconti "Le varietà dell’ombra" (HerkulesBooks, 2019). "Il solstizio del cuore "è il suo primo romanzo.
Benvenuto Stefano, Tempra Edizioni è lieta di poter presentare al pubblico, in questa breve intervista, il romanzo "Il solstizio del cuore".
STEFANO: Felice di essere qui!
1) La creatività si può esprimere in tanti modi e in tante forme, nel tuo caso lo fai mediante la scrittura, da quanto tempo coltivi questa passione?
È una passione che coltivo da molto tempo. Scrivevo racconti e storie da ragazzino, ho scritto molti romanzi incompiuti - taluni terribili, e altri forse un po’ meno brutti che magari un giorno potranno essere ultimati e così veder la luce. Ho scritto - come tutti credo - poesie d’amore e simili. La mia prima pubblicazione riguarda però un manuale sportivo e non un testo di narrativa.
2) Come è nata l’idea di scrivere "Il solstizio del cuore"?
È nata da un’esigenza: l’esigenza di mettere su carta una serie di emozioni che trovassero attraverso la descrizione visiva e la musicalità di talune frasi una loro dignità permanente. I luoghi citati nella vicenda echeggiano con alcuni luoghi da me realmente frequentati e dove ho potuto sperimentare grande felicità. L’amore incestuoso non c’è mai stato, ma la figura di Costanza - una donna dai capelli rossi e gli occhi azzurri, vivace, allegra e provocante - mi è servita per trasmettere l’idea di una vita che pulsa e che investe come un fiume in piena chiunque le sia vicino.
3) L’opera è ambientata nell’Ottocento, sei un cultore dei romanzi storici?
Quali autori sono tua fonte d’ispirazione? "Il solstizio del cuore" ha iniziato a prender vita nel periodo in cui decisi di approfondire con passione la figura di Gabriele D’Annunzio. Direi che questo romanzo è nato parallelamente alla lettura de: "L’innocente" e di "Trionfo della morte", opere entrambe scritte verso fine Ottocento. D’Annunzio certamente è un inarrivabile genio, l’arte pura e fatta a persona (ed è assurdo pensare che Benedetto Croce lo abbia definito come: "Un dilettante di emozioni"!) Quindi direi che sì, tra i miei autori preferiti c’è certamente lui, ma anche lo "scoiattolo della penna" Italo Calvino, Oscar Wilde, Mark Twain, R.K. Narayan. Tuttavia, leggo con piacere anche Harry Potter e altri testi più leggeri. L’importante per me è variare ed alternare.
4) Claudio Spillari, il protagonista, si ritrova in età adulta a vivere una profonda crisi identitaria, e si accorge di essere preda delle sue ansie e paure, tanto da sopravvivere in modo apatico, fin quando non ritorna nel luogo in cui è cresciuto e riesce a curare la sua anima. Siamo un po’ tutti Claudio Spillari bisognosi di un contatto con le origini?
Non so se siamo tutti un po’ Claudio Spillari, ma io lo sono certamente. Esiste una stagione di grande entusiasmo che per me rappresenta sempre un metro di paragone relativo a quanto la mia esistenza abbia ad oggi più o meno senso. Uno sguardo che non si proietta positivamente al futuro ha certamente i suoi limiti, ma allo stesso tempo anche chi non si ricorda della propria "età dell’oro" rischia di perdere una parte di sé.
5) La vicenda, in parte, si svolge nella città immaginaria di Roccaviva caratterizzata da ampie descrizioni paesaggistiche che le donano un’aura magica. A quale città ti sei ispirato per idearla?
Qui mi tocca rivelare il mio segreto! Diciamo che, seppur con alcune inevitabili differenze e cambiamenti nel nome di taluni riferimenti, Roccaviva si ispira principalmente a Cividale del Friuli, cittadina patrimonio dell’Unesco.
6) La storia viene costruita intorno ad un vecchio amore proibito che Spillari aveva vissuto da ragazzino. Costanza incarna la tentazione, il peccato, la passione, il segreto e diviene quanto di più sbagliato ci possa essere per l’uomo. Quell’amore impudico rappresenta lo snodo narrativo?
No. Esso è in realtà solamente un pretesto per far sì che il vero snodo - quello relativo alla riscoperta di emozioni tanto gioiose quanto intense - possa trovare il proprio compimento.
7) La narrazione si contraddistingue per la semplicità con cui esprimi concetti complessi sia di filosofia - hai citato numerosi pensatori fra cui Socrate - ma anche religiosi rifacendoti al Cristianesimo, al Politeismo, all’Induismo. La filosofia e la religione, secondo te, considerando il contesto storico in cui viviamo, rappresentano assetti importanti per ricreare una società dotata di etica, di morale e di rispetto per chi ha un credo diverso dal nostro?
Purtroppo credo di no. Anzi, proprio la religione è dal mio punto di vista una tra le maggiori fonti di contrasto. Ciò che intendo dire è che la religione a portata di tutti crea lavaggi del cervello e posizioni antitetiche, dove le proprie convinzioni diventano così radicate da interrompere qualunque tipo di dialogo con l’altro. Diverso invece è il concetto di Dio ma il problema è che, per come la vedo, solo pochi prescelti possono attingere a quella vera fonte di armonia. Per quanto riguarda la filosofia mi piace invece citare in questo contesto una frase di Jiddu Krishnamurti: "Il pensiero non ha mai risolto i problemi, e non credo che lo farà mai."
8) Costanza ad un certo punto pronuncia le seguenti parole: "Ho sempre creduto che l’empatia fosse un gran dono, ora credo invece che senza azioni concrete essa aggiunga solo dolore alla sofferenza" - è davvero così?
Sì. Io credo realmente in questa affermazione e, nel caso specifico, posso davvero affermare che un mio personaggio stia in tale circostanza parlando in mia vece. Infatti, quando ero bambino, vivevo talmente tanto il dolore altrui (vuoi per una notizia vista al telegiornale o per un parente che stava male) da soffrirne molto. Col tempo ho imparato a dissociarmi da tali sofferenze, comprendendo che il mio dolore vissuto di riflesso non era di alcun aiuto a nessuno, e che in realtà solo delle azioni lucide e concrete avrebbero potuto portare beneficio agli altri.
9) Perché un lettore dovrebbe scegliere "Il solstizio del cuore"?
Per perdersi all’interno di una lettura immersiva che porta con sé questo messaggio: "Potrebbe esserci qualcosa di grande nella tua vita che hai dimenticato".
10) Qualcosa da aggiungere?
Sì, un consiglio che non ho la presunzione di dare ad altri ma solo a me stesso: un’opera è bella quando è autentica, singolare e non è l’imitazione di niente che già esista. Solo così si può provare un reale piacere nella scrittura.
Ringrazio Stefano per l’intervista.
Marianna Iannarone