Mauro Barbetti nasce a Ostra (AN) nel 1960.
Ha all’attivo le seguenti raccolte poetiche: “Primizie ed altro” (La scuola di Pitagora Editrice, 2011), “Inventorio per liberandi sensi” (Limina Mentis Editore, 2013) e “Versi laici” (Arcipelago Itaca Edizioni, 2017).
È stato proclamato vincitore per la sezione poesia al Concorso Letterario Tempra Edizioni – 2019 omaggio a Zygmunt Bauman di cui è stata prodotta l’antologia “Società Liquida”. Da poco è stato proclamato finalista del Premio Nazionale Elio Pagliarani
Inoltre ha realizzato traduzioni di poeti di lingua inglese quali John Berryman e Keith Douglas. Collabora con la casa editrice e web magazine Arcipelago Itaca in qualità di redattore.
La silloge poetica “Retro schermo” costituisce il volume 8 della collana “Poeti Urbani”.
Benvenuto Mauro, Tempra Edizioni è lieta di presentare in questa breve intervista, la sua nuova opera dal titolo “Retro schermo”.
MAURO: Grazie a voi.
1) Da quanto tempo si dedica alla scrittura di componimenti poetici?
Ho cominciato molto presto, da adolescente, a scrivere versi sia in poesia che in musica (in quegli anni ho frequentato il poeta Franco Scataglini, ho fatto parte di alcune band della mia città). Sono stato attivo su quella scena fino alle soglie dei trent'anni. Poi figli e matrimonio mi hanno fatto mettere la “testa a posto”. Sono tornato a scrivere solo nel 2008. In compenso, però, ora canto solo sotto la doccia.
2) Quale ruolo, a suo dire, riveste la poesia in questa epoca ibrida?
Mi pare abbastanza ovvio come non abbia un ruolo riconosciuto, soprattutto nel nostro paese. Altrove la situazione è diversa, soprattutto in quelle realtà dove si fa voce di resistenza o di identità nazionale. Diciamo che da noi è costretta a muoversi sottotraccia. Di per sé non mi sembra una cosa così drammatica: in fondo fuori da troppa visibilità è anche possibile dire cose coraggiose, sperimentare nuovi percorsi.
3) Il titolo della raccolta “Retro schermo” rimanda immediatamente, nell’immaginario, all’idea che la società sia uno schermo divisorio tra gli individui, facilmente separabili. Cosa si cela dietro al titolo?
Certamente uno dei motivi della scarsa visibilità in cui è precipitata la poesia in Italia, è la facilità dei nuovi media nell'esporre visi, storie e veicolare velocemente messaggi o idee, cosa che la pagina scritta, con i suoi tempi più lunghi, non ha. Di contro la visione che danno è estremamente semplificata, spesso illusoria, tanto che tutto pare far parte di un enorme carrozzone. Io cerco di pormi dietro lo schermo, vederne le contraddizioni, la finzione, gli stereotipi o mostrare come la gente, davanti ad un monitor, rischi di diventare passiva, omologata e più sola. Per operare questa destrutturazione spesso uso le stesse armi dei media in modo provocatorio, con una forma che gioca e manipola parole e sensi, attraverso assonanze, reiterazioni o paronomasie.
4) La silloge si apre con “Premessa” una poesia che sembra essere un pugno allo stomaco per l’analisi veritiera della società – “avevamo una stella cucita sul taschino/ poiché la storia imperversa e non insegna/ sbaglia chi fa voto di memoria retroversa/ il vuoto è avanti a noi la fossa la gogna/ – appena un po' diversa” – il cui vuoto è dato dalla mancata conservazione della memoria e dalla stupida considerazione degli individui di mettersi alla gogna a vicenda?
La memoria storica è importante, fondamentale, ma deve saper rivolgere il suo sguardo anche avanti, senza sconti. Faccio un semplice esempio: la Shoah è stata una delle più grandi, disumane tragedie della Storia, ma oggi nella Striscia di Gaza si sta perpetrando un'altra ingiustizia storica (magari meno evidente o sottaciuta) in cui lo Stato di Israele, secondo me, mostra di non aver fatto tesoro, certamente per convenienza, della lezione di quel periodo infame. Anche le nostre democrazie si muovono dentro grandi contraddizioni, la libertà che difendono sembra più quella delle leggi economiche del produrre e consumare che non quella del perseguire un interesse e una felicità comuni. La democrazia è sempre un rischio e non la si può imporre, tanto meno con le armi come purtroppo già capitato. Ci possono essere momenti nella storia in cui si rischia anche di perderla, per mancanza di memoria, per scelleratezza o altro, ma è un rischio che bisogna correre. Per rinvigorirla, per confermarla, per apprezzarla meglio.
5) Le poesie sono legate dal tema dell’assuefazione dell’individuo davanti al vuoto di cultura, che lo vede lì in cerca di conforto e di distrazione attraverso la ricerca del superfluo, anche attraverso la tecnologia. Cosa puoi dire in merito?
Che in quest'ultimo periodo mi sto avvicinando a una filosofia di vita di tipo orientale, che nel mio piccolo sto cercando una dimensione più appartata, che ho capito che correre dietro agli stimoli esterni ed esteriori non porta maggiore felicità, ma solo maggior stress e un vuoto di soddisfazioni. Farsi nel flusso, impedirsi di volere, Schopenhauer docet...
6) “Ciò che accade intorno a noi, ci riguarda” – sembra essere questa la richiesta d’attenzione che chiede attraverso le liriche, vero?
Confermo, è una delle idee che mi accompagnano. Forse si potrebbe obiettare che una simile visione risente del concetto, tutto occidentale, di entrare nella Storia e modificarla. Ma penso sinceramente che una idea del genere e ciò che essa sottende, porti a un modello di vita più “ecologico”, necessario, che porti a minori conflitti e a una maggiore compenetrazione con il mondo, con la terra, con sé stessi.
7) La necessità di “apparire” piuttosto che “essere” caratterizza questa epoca, lo schermo diventa lo specchio della società: ma se a riflettersi fosse una immagine distorta di essa?
La tentazione di cercare i famosi quindici minuti di notorietà più che la verità della propria dimensione esistenziale, nella società attuale è davvero forte, sia la TV che la Rete esaltano tutto questo. Lo schermo è di per sé uno specchio deformato e deformante, le immagini che passano sono spesso decise in base al loro valore d'uso, o a ciò che possono veicolare per chi ha il controllo su questi mezzi. Bisogna sempre sforzarsi di esercitare il proprio senso critico, di insegnarlo alle nuove generazioni. Lo dico da docente.
8) Perché un lettore dovrebbe leggere questa opera?
Sinceramente non lo so. Tutto quello che oggi scriviamo, pensiamo, viviamo, probabilmente è stato in qualche modo scritto, pensato, vissuto già da altri. Solo la sintesi che ne facciamo ha un qualche minimo carattere di originalità. Basandomi sull'esperienza personale, io leggo per curiosità, per piacere o per il bisogno di trovare qualche risposta. Magari questa intervista può suscitare una di queste molle nei riguardi del libro.
9) Qualcosa da aggiungere?
Soltanto ringraziare le persone che ho vicino, le ringrazio per questo compito non facile.
Ringrazio l’autore per l’intervista.
Marianna Iannarone