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Tempra Edizioni, Editoria, Libri, Pubblicazione, Autori Emergenti, Poesia, Saggistica, Narrativa, Shop online, Interviste, Lettori, Catalogo
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INTERVISTA ad Alessandro Ebuli

2019-07-29 12:54

TEMPRA EDIZIONI

News, Tempra Edizioni, poesia, Poeti Urbani, Istinti, Volume 4, Poeta contemporaneo,

INTERVISTA ad Alessandro Ebuli

Alessandro Ebuli affermato intellettuale ligure propone la poesia civile come momento di riflessione sui grandi cambiamenti epocali e di conseguenza personali m

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Alessandro Ebuli scrittore, poeta e recensore musicale nasce a La Spezia nel 1975. Il suo esordio letterario è avvenuto con la silloge poetica "Sotterraneo" (ERETICA Edizioni, 2016), ma l’intellettuale ligure si è affermato con le raccolte di racconti "Le dieci stanze" (ERETICA Edizioni, 2017) e "Incastri distanti"(ERETICA Edizioni, 2018). "Istinti" è la sua seconda opera di poesia. 


Benvenuto Alessandro, Tempra Edizioni è felice di poter presentare al pubblico, in questa breve intervista, il volume "Istinti".    


1)      La produzione letteraria in versi: informativa, emotiva e funzionale può essere suggestiva solo quando a dettarla è una giusta intuizione?

Ritengo che l’intuizione sia il fondamento per lo sviluppo del proprio pensiero personale, affinché grazie ad essa si possano espandere e rendere vive e reali le proprie visioni più o meno intellettuali, ove detto termine implichi una attenzione nei confronti del mondo e della sua complessità; da qui si evince che una produzione letteraria, nella fattispecie in versi, possa, e debba, informare ed emozionare, divenendo funzionale alle esigenze del fruitore. Quindi sì, la produzione letteraria in versi necessita dell’intuizione, giacché a differenza della prosa subisce un confronto diretto con il lettore, il quale disattende inutili divagazioni.     

 

2)      "Istinti" è un titolo irruento per un libro di poesie, come mai l’hai scelto? 

Il motivo è semplice: gli istinti sono condizioni umane alle quali è impossibile sottrarsi- se non in determinati contesti che necessitano un concentrato di autocontrollo - poiché dettano nella maggior parte dei casi delle risposte naturali. È questo il mio caso, al quale non ho saputo sottrarmi, e grazie ad esso ho sentito il bisogno, la necessità finanche l’urgenza di riversare i miei personali istinti su carta. Credo non sia difficile evincere tale urgenza oggettiva.   


 3)      Nella raccolta divieni promotore della poesia civile, dato che descrivi la società nella sua veste più crudele - "testimoni di anni oscuri’ affogati nel disgusto’ arsi nel fuoco della furia disumana’ di feroci persecutori" - dove odio e violenza muovono il vento dell’arroganza mettendo a rischio la libertà. Cosa puoi dire in merito? 

Viviamo in un contesto storico pregno di ingiustizie e soprusi, nel quale il disgusto è la sola forma di indignazione possibile per separarsi da tale impietosa realtà; il nuovo millennio ci ha scaraventati senza paracadute in un calderone di tecnologia e paranoica assuefazione digitale che, inutile negarne l’evidenza, non sappiamo gestire. Qualcuno ci ha dato il mondo in mano senza consegnarci le istruzioni per l’uso, ed ecco i feroci persecutori, quelli che hanno ordito il piano atto a renderci vittime inconsapevoli dell’apparente bellezza della modernità. La chiamo libertà apparente, l’illusoria percezione di poter fare e dire ciò che più aggrada, senza alcun limite né censura, per ritrovarsi chiusi in un guscio che tutto toglie e niente dà in cambio. Di fatto è la nuova propaganda.   


 4)      Nel componimento in prosa "Non è successo niente" ti sei ispirato ai fatti accaduti a Genova, nel 2001, in occasione del G8. Rivivere questo ricordo va oltre la memoria e la continua richiesta di giustizia sociale?

Decisamente sì. Ho vissuto in prima persona e dall’interno quei giorni deliranti di guerriglia, caos, incompetenza e disorganizzazione. Ho visto con i miei occhi scene che fino al giorno precedente avevo visto soltanto nei film, e questo mi ha fatto riflettere, a mente fredda, dopo quei tragici giorni, al concetto di ragione. Chi ha, e chi aveva ragione? Chi ha sbagliato e chi davvero ha pagato? Rammento una canzone di Fabrizio De André, per restare a Genova: La guerra di Piero.  "...Che aveva il tuo stesso identico umore, ma la divisa di un altro colore". Ecco, la divisa di un altro colore è l’immagine degli scontri, è un vestito, è uno straccio al quale degli individui decidono di uniformarsi. Ma può davvero generare un caos devastante come quello di Genova l’uniformarsi a regole e pensieri - condivisibili o meno poco importa - in nome di una ragione che ognuno desidera rimarcare, anche con la violenza, fino alla morte? "Non è successo niente" è un atto di accusa nei confronti di chi guarda e passa dicendo "non mi interessa".   


 5)      Nei tuoi versi ci poni spesso davanti a scenari naturali, sono palliativi o acustici della solitudine? 

Indubbiamente sono acustici della solitudine, ove la risonanza di un vuoto interiore evoca immagini sovraccariche di sofferenze, non necessariamente quelle dell’autore. Si parte sempre dall’istinto, che fa da fondamenta a tutte le composizioni della mia opera; dall’istinto si sfocia nella rappresentazione in versi dei mali del mondo, ed uno dei più diffusi, a causa del dolore, della sofferenza, dell’assenza sempre più diffusa di rapporti umani - qui tornano a palesarsi i danni dell’era digitale - è la solitudine, un tema ricorrente nelle opere dei grandi della letteratura contemporanea.   


 6)       Spingi il lettore, in un’atmosfera malinconica, verso grandi riflessioni sul senso della vita, ma l’amore che ruolo riveste nelle singole esistenze?  

Sono convinto che l’amore ricopra un posto d’onore sul podio dei fondamentali della vita, ma ciò che urta sensibilmente il mio modo di vedere il mondo circostante coincide con la certezza di un fatto assai diffuso: oggi l’amore viene inteso semplicemente quale sentimento affettivo tra individui. Non sono d’accordo e dissento fermamente. L’amore può palesarsi in centinaia di modalità differenti tra loro, ad iniziare dall’amore per la natura, per gli altri esseri viventi, per una fede religiosa, per se stessi, senza necessariamente tirare in ballo un’altra persona. Affascinarsi nel guardare le bellezze di un panorama, anche questo è amore. Prendere coscienza di questi elementi potrebbe aiutare a vincere la solitudine alle quale ho accennato poco fa.   


 7)      La poesia è capace di rieducare ai sentimenti? 

Soltanto in chi abbia volontà di rieducarsi. La poesia è accettazione di una visione, quella dell’autore, che non necessariamente deve coincidere con quella del lettore. Ma il lettore aperto alla nuova visione si tufferà in quei sentimenti, nuovi o riscoperti, chi può dirlo, e trovare una diversa collocazione dei propri. In questo credo che la poesia sia un’arma potentissima, capace di penetrare come una daga dentro l’animo dell’uomo, molto più di altre forme d’arte. È la potenza della parola scritta.   


 8)      Perché un lettore dovrebbe leggere "Istinti?" 

Per tutti i motivi citati in precedenza, ma per uno in particolare al quale sento la mia opera più legata: la visione. In quanto lettore, prima che autore, riscopro nella lettura immagini e visioni che si trasformano in riflessioni e spesso, in un secondo momento, in ripensamenti e trasformazioni delle mie idee personali. È quello il momento in cui mi sento di affermare che quel libro ha vinto, perché mi ha fatto riflettere. Dunque, senza peccare di presunzione, credo che Istinti possa in qualche modo focalizzare l’attenzione sulla riflessione, che è lo scopo della letteratura. Qualunque cosa il lettore ne trarrà sarà sicuramente positiva, indipendentemente dal fatto che l’opera sia stata o meno gradita.   


9)      Qualcosa da aggiungere? 

Un accenno alla citazione iniziale, dedicata all’immenso Maestro della poesia Giuseppe Ungaretti. La rilettura della sua Vita di un uomo, comprendente tutte le sue opere, ha aperto in me una nuova visione della libertà e della condizione umana. Partendo da una attenta riflessione circa la sofferenza della condizione disumana nella quale Ungaretti si è trovato - le composizioni create durante la Grande Guerra - che ha suscitato in me molteplici sensazioni, il tutto miscelato con una attenta riflessione in merito al nostro tempo, ha dato vita ai miei istinti, poiché le trenta composizioni qui proposte sono nate in una porzione di tempo molto ridotto.     


Ringrazio Alessandro per l’intervista. 
 

 


                                                                                                                        Marianna Iannarone

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