Alessandro Ebuli poeta e scrittore ligure nasce nel 1975 a La Spezia. Ha all’attivo le sillogi poetiche “Sotterraneo” (Eretica Edizioni, 2016), “Istinti” (Tempra Edizioni, 2019) e “Temporali silenziosi” (Tempra Edizioni, 2020); le raccolte di racconti “Le dieci stanze” (Eretica Edizioni, 2017) e “Incastri distanti” (Eretica Edizioni, 2018); il romanzo “La presenza di Hariel” (Tempra Edizioni, 2022).
La sua partecipazione a innumerevoli concorsi letterari gli ha permesso di ottenere svariati riconoscimenti sia in veste di primo classificato che di finalista. Infatti, ricordiamo che il libro edito “Temporali silenziosi” ha ricevuto la menzione di merito al Premio Letterario Internazionale Città di Sarzana – Edizione X – 2022. Inoltre, ha contribuito alla realizzazione di diverse raccolte antologiche per svariate case editrici. Collabora con disparate riviste musicali on-line.
L’autore, già noto ai lettori di Tempra Edizioni anche per i suoi contribuiti poetici e narrativi in alcune raccolte antologiche anche bilingue, è lieto di presentare in questa breve intervista la sua nuova creazione nonché la raccolta di racconti dal titolo “In superficie sospeso”.
Ciao Alessandro, benvenuto nel salotto virtuale di Tempra Edizioni.
ALESSANDRO: Ciao Marianna, è un piacere incontrarti.
Nelle diverse interviste che hai rilasciato a Tempra Edizioni, da quando perdura la nostra collaborazione (di cui siamo tanto fieri e orgogliosi), abbiamo avuto modo di apprezzare prima la persona e poi l’artista. La tua versatilità ti permette di spaziare tra diversi generi letterari, già in passato abbiamo approfondito la tua poetica e in parte le tue influenze narrative. Oggi ci piacerebbe scoprire qualcosa in più rispetto alla nuova produzione.
1) Quando è nata l’idea di scrivere una nuova opera?
Ho iniziato la stesura del nuovo libro nel 2020, durante la pandemia Covid. In quel periodo, non esattamente piacevole per tutti noi, ho scritto molti dei racconti di “In superfice sospeso”, ma in quei mesi ero molto impegnato nella scrittura della silloge poetica “Temporali silenziosi” e al contempo lavoravo al romanzo “La Presenza di Hariel”, così il nuovo libro ha preso forma molto lentamente, trovando il suo compimento quest’anno. Ciò ha sicuramente influito sul risultato finale, una sospensione umbratile che aleggia lungo tutti i racconti contenuti nell’opera.
2) Cosa differenzia “In superficie sospeso” dalle tue precedenti raccolte di racconti?
Senza dubbio il mio stato d’animo. “Le dieci stanze” e “Incastri distanti”, seppure molto diversi tra loro, trattavano anche argomenti dolorosi, ma nel complesso dentro di essi aleggiava un desiderio di rinascita, era presente un’apertura alla vita. “In superfice sospeso” è figlio di un momento storico deviante dalla normalità, vive di una sospensione che rimarrà parte di noi ancora per molto tempo. Era inevitabile che anch’io risentissi di tanto dolore e sofferenza collettivo e che questo centrifugato di smarrimento mentale fluisse dalla mia penna.
3) Quali sono i temi ricorrenti che riproponi nei ventidue racconti?
Come dicevo poco fa: il dolore, la sofferenza, lo smarrimento hanno colpito tutti noi. In “In superfice sospeso”, con racconti di fantasia, ho affrontato temi sociali come nel racconto “Spilli”, in cui narro la vicenda di un naufragio, oppure in “La Guardia” in cui racconto della schiavitù, o ancora, e credo che questo sia lo spirito intimo del mio nuovo libro, è la condizione dell’uomo ad emergere prepotente. La frustrazione, la follia, la disperazione, ma soprattutto i dubbi dell’essere umano, ognuno costruito su vicende tra loro differenti, ma con sempre al centro tutte le caratteristiche dell’individuo. Per quanto diversi siamo, soffriamo tutti degli stessi dubbi, delle stesse sofferenze, delle stesse paure. Nel racconto “Panic!” narro di una vicenda realmente accaduta a una persona; la storia è fluita libera, e quando ho terminato di scrivere quel racconto ho pensato a quanto possiamo essere uguali l’uno all’altro. Chiunque potrebbe vivere un’esperienza di quel tipo, la differenza sta nel prendere consapevolezza dell’accaduto e avere la capacità di gestire la situazione. Ho inserito anche un racconto autobiografico, si tratta di un’esperienza che mi ha segnato profondamente, ma non svelerò il titolo.
4) I temi presentati e il linguaggio pungente ricorda molto lo stile di autori di rilievo come John Cheever, Charles Bukowski e Raymond Carver. Ti sei ispirato a loro?
Credo che chiunque abbia letto questi autori immensi abbia trovato ispirazione dalla loro scrittura. Così anch’io, leggendo e rileggendo alcune delle loro opere, ho trovato ispirazione per lavorare al nuovo libro approcciandomi a una scrittura diversa rispetto al passato. Ho tentato di utilizzare una penna più dosata, più fluida, ma al contempo più densa. Mi spiego meglio. Cheever e Carver, nello specifico, avevano la capacità di fermare il tempo con le loro storie; leggendoli, in particolare i racconti di Cheever, hai la possibilità di immaginare svariati scenari che cambiano completamente e arrivando in fondo alla lettura sembra che l’autore ti stia dicendo: e adesso dove vogliamo andare? Ti lascia in sospeso, eppure ti dà ogni risposta. Tutto ciò è straordinario. Così anche Carver con le sue poesie, intricate e profonde e capace di instillare molteplici dubbi e domande. Bukowski invece è contemporaneamente genio e follia, ogni sua opera è illuminante a iniziare dalla sua innata capacità di modificare il proprio stile narrativo e poetico in funzione della situazione che desidera raccontare. Aggiungo anche un altro autore che mi affascina, si tratta di David Foster Wallace, la cui penna è ancora oggi oggetto di studio da parte di molti esperti. Un genio? Assolutamente sì. Nel racconto “Scuola materna” c’è sicuramente la sua forte influenza narrativa.
5) L’opera porta a galla il concetto di quanto superficiale sia la visione d’insieme della collettività rispetto alla singola esistenza; e di come l’individuo fatichi a sua volta per rimanere in superficie nonostante il malessere che lo consuma. Vero? Inoltre, secondo te questo malessere è aumentato a seguito della pandemia, visto che affronti l’argomento della “reclusione da Covid-19”?
Non sono certo un filosofo, tantomeno un sociologo, ma guardo il mondo con i miei occhi e qualche anno di esperienza, data la mia età anagrafica, la ho. Quindi sì, credo che l’individuo fatichi a rimanere in superficie in questo mondo. La modernità ci chiede di essere sempre più attivi, più impegnati, più smart come si usa dire oggi, ma le fragilità dell’uomo non scompaiono, anzi rimangono sempre più relegate dentro di noi. Credo sia questa compressione di stati d’animo e fatiche psicologiche che portiamo dentro e di cui ci sentiamo vittime che ci conduce troppo spesso a sopravvivere piuttosto che a vivere. Restiamo sospesi e non siamo più noi stessi, e ciò è deleterio per l’individuo e di conseguenza per la collettività, per la società tutta. Questo malessere è sicuramente aumentato a causa della pandemia e ritengo che in futuro risentiremo molto dei risvolti negativi portati dal Covid. Per decenni ci siamo adagiati nel benessere e in una artificiosa quotidianità senza pensare che vivere in un castello di carte non è sicuro. Un colpo di vento e tutto può crollare. E questo colpo di vento si chiama Covid.
6) Per i motivi di cui sopra, presenti la società nella sua natura più cruda e violenta come riflesso della realtà. A tuo dire, cosa bisogna fare per provare a sistemare un po’ le cose?
Potrei fare un ragionamento utopistico ma si tratterebbe di pura retorica. Credo che le cose non si possano sistemare in modo democratico, e lo dico io che sono estremamente democratico. Non ho una risposta certa, vorrei averla, credimi. Quello che so con certezza è che la storia ci ha insegnato che per sistemare le cose servono le rivoluzioni, ma queste fanno male, causano dolore e sofferenza. Stiamo vivendo sospesi che è il più grave errore che una società possa fare. Dovremmo svegliarci dal sonno, ecco, credo che risvegliandoci, prendendo coscienza della realtà, potremmo tornare ad essere una società civile, perché a mio avviso in questo momento non la siamo affatto.
7) La follia che si capta dalle numerose storie da te narrate è realmente diffusa. Ciò ti spaventa?
Moltissimo. Ora, sempre per non fare retorica ma parlando di fatti reali, è sufficiente il nostro smartphone che è diventato un prolungamento delle nostre braccia per farci comprendere quanto la violenza sia palpabile. Abbiamo accesso a qualunque contenuto e la violenza è diventata la normalità. Ci si indigna ancora per alcuni fatti clamorosi, è chiaro, ma appena giunge una nuova notizia dimentichiamo la precedente. Siamo diventati dei fruitori silenti di crudeltà che si è radicata dentro tutti noi, lentamente, subdolamente, così ci siamo allineati, livellati su un sistema sociale che cerca la violenza facile. Io narro di alcuni fatti di violenza e sono storie di fantasia, ma rispecchiano la realtà del quotidiano e mi fa paura pensare che possano accadere davvero.
8) L’illustrazione in copertina è stata realizzata dall’artista Riccardo Bucchioni, che ringraziamo, a cui sei solito affidare la veste dei tuoi scritti. Quale sensazione hai percepito quando hai visto per la prima volta l’illustrazione?
Approfitto per ringraziare ancora una volta Riccardo che si è reso disponibile a collaborare nuovamente con me. Quando l’ho contattato, come accaduto nel 2022 per “La Presenza di Hariel”, gli ho spiegato il tema di fondo del nuovo libro e cosa io volessi esprimere con i miei racconti. Riccardo si è preso un po’ di tempo per elaborare la copertina e quando me l’ha mostrata mi ha lasciato a bocca aperta. È riuscito a rendere vivo “In superficie sospeso” con un’immagine stupefacente che seppur minimalista racchiude il concetto della società attuale nella quale fluttuiamo sospesi senza respiro. La copertina di Riccardo è la perfetta metafora di questo tempo obliquo.
9) Cosa può aspettarsi il lettore da tante nuove storie e personaggi?
Senza dubbio una nutrita varietà di argomenti trattati, tutti però legati al filo unico della sospensione dal tempo. Mi auguro possa apprezzare questa molteplicità di contenuti e possa riflettere sulla condizione della nostra società.
10) Qualcosa da aggiungere?
Desidero ringraziare Tempra edizioni che ha creduto nuovamente in me e molte persone che ho avuto modo di conoscere nell’ultimo anno, senza le quali probabilmente non avrei trovato lo slancio finale per concludere “In superficie sospeso”.
Ringrazio Alessandro per l’intervista.
Marianna Iannarone per Tempra Edizioni